La follia in versi: Alda Merini


La follia in versi: Alda Merini

La follia in versi: Alda Merini

La schizofrenia è un grave disturbo psicotico. Coloro che ne sono affetti diventano  indifferenti a ciò che gli accade, reagiscono in modo assurdo agli eventi esterni, perdendo il contatto con la realtà. I soggetti affetti da schizofrenia si isolano in un mondo proprio, incomprensibile agli altri. A causa della sua caratteristica destrutturante della personalità, la schizofrenia compromette tutti gli aspetti della vita del soggetto, sconvolgendo la sua rete relazionale e coinvolgendo anche il nucleo familiare. È un disturbo che compare in età giovanile ed i suoi sintomi sono variabili, si dividono in:

  • positivi: manifestazioni nuove e anomale dovute alla malattia (allucinazioni, deliri disorganizzazione del pensiero e comportamento bizzarro);
  • negativi: caratterizzati dalla perdita di capacità che erano presenti prima dell’esordio della malattia (apatia, appiattimento affettivo, povertà ideativa, deficit della produttività e della fluidità dell’eloquio).

Da sempre l’immaginario collettivo ed i comportamenti fanno della malattia mentale una condizione che genera esclusione ed emarginazione dal contesto sociale e lavorativo. Il rifiuto seppur graduale, si combina con l’allontanamento della persona mediante l’assunzione di comportamenti discriminanti nei confronti della stessa. Questo stato di solitudine compromette ancor più le abilità dell’individuo e le sue capacità di recupero. La conoscenza è l’unico modo per superare questo pregiudizio.

Importante è comprendere il punto di vista di coloro che hanno sofferto l’emarginazione nell’esperienza disumanizzante dell’istituzionalizzazione e lo si può fare tramite la loro testimonianza. Un esempio tangibile è stato quello di Alda Merini scrittrice del ‘900.

Alda Merini nasce a Milano il 21 marzo del 1931.

All’età di 16 anni appaiono nella sua vita “le prime ombre della sua mente” così le definì Maria Corti.

Alda viene internata in un ospedale per malati di mente dove vi resterà per un mese. Dopo questo primo evento psicotico torna alla sua poesia e alla sua vita milanese di sempre. Conoscerà giovanissima, molte figure illustri, come Montale, Maria Luisa Spagnoli e Quasimodo. Nei suoi vent’anni Alda ha tutti gli elementi per occupare un posto nel panorama letterario milanese e non solo. Si sposerà e dal suo matrimonio nascerà una figlia Emanuela, è in questo periodo che le sue ombre prendono una connotazione nuova, coesisteranno malumori e pensieri assurdi e nel 1961 si strutturerà un vero e proprio delirio che la porterà ad un nuovo ricovero in un grande manicomio di Milano dove vi resterà per 7 anni. Fu presa in cura dal dott. Gabrici che la curò con le terapie dell’ epoca : elettroschok, insulinoterapia e neurolettici, fu inoltre contenuta con la camicia di forza. Tutto questo la portò ad un mutismo che congelò la sua scrittura. Nel 1979 Alda riprende a scrivere e scriverà del suo internamento, della violenza dei trattamenti. Con la morte del marito avvenuta nel 1981 la scrittrice perde il suo unico punto di riferimento e nel ‘83 sposerà un altro poeta Pierri con il quale si trasferì a Taranto. Nel manicomio locale sperimenterà dopo alcuni anni l’orrore ancor peggiore di quello già vissuto. Lei continuerà a dire che le sue ombre mentali non appaiono più acute ma sembrano aver preso una dimora continua, intrigante come un dolore cronico.

La vita di questa donna, di questa poetessa si coniuga con una malattia invalidante. Caratterizzata da deliri che progressivamente si spengono per lasciare il soggetto ad una totale dissociazione tra l’Io e il mondo.

            Vittorio Andreoli la ricorda come se fosse una bambina, una malata che ha bisogno di essere accudita. Difficile era levarle le sigarette. Donna silenziosa, ignorava le persone come se non ci fossero. Viveva in un mondo totalmente impermeabile. Nella schizofrenia il linguaggio cambia, diventa inconcreto, si fonda su associazioni sonore poco legate ai contenuti.

            Alda Merini, nella sua raccolta poetica Terra Santa, ci dona uno sguardo dall’interno: la realtà dell’istituzione manicomiale vista con gli occhi di una malata, che non dimentica i “compagni di sventura” ai quali restituisce umana dignità. Le sue liriche ci buttano e ci fanno affogare nella realtà manicomiale con i suoi aspetti più oscuri, soprattutto quello dell’umanità e della dignità negate al malato mentale è così che Terra Santa diviene un viaggio nel dramma  dell’emarginazione,  dell’esclusione e dell’annullamento esistenziale.

La poesia è arte, entra e cura le ferite più profonde. Un animo sofferente cuce parole che nella loro crudità leniscono la sofferenza più marcata che non è del solo corpo. Vi lascio con una sua citazione:

“ Il manicomio è stato un formidabile punto di osservazione” Alda Merini

Dr.ssa Mariachiara Pagone

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