Il rispecchiamento della solitudine ..nei social


In questi giorni si è tenuto un convegno “I social media capirli meglio per usarli bene”- progetto Educazione SLOW – patrocinato dalla Regione Piemonte e del Dipartimento Politiche per la Famiglia nella città di Bra che mi ha vista come relatrice insieme ad altri professionisti e Forze dell’ordine.  Insieme agli altri colleghi siamo entrati nelle scuola ed abbiamo colloquiato con studenti e successivamente con  i genitori.

Durante l’incontro con le classi si è affrontato il tema social specificando la loro  bellezza ed i rischi celati.

Si è parlato di come questi mezzi veicolino alle volte violenza, di come ci si riesce a nascondere attraverso essi, agendo forme di aggressione. Tale atteggiamento è spesso svalutato dai genitori che  definiscono tali comportamenti delle “ragazzate” (dati  ricerca CENCIS  e POLIZIA POSTALE 2016 – fonte Articolo “LA STAMPA”).

La riflessione fatta attraverso questo articolo “Solitudine e Social” nasce da una domanda di una studentessa: <ma se un ragazzo è timido, si sente isolato e non riesce ad integrarsi al gruppo cosa può fare?>. Questa domanda mi ha colpito a tal punto che non ho atteso il momento della tavola rotonda per rispondere ma l’ho fatto subito, non potevo rimandare con il silenzio.

La domanda, infatti, meritava una risposta immediata, altrimenti anch’io avrei rafforzato il concetto di solitudine.

È così che è il tema ha fatto eco nel mio pensiero al punto di esplicitarlo meglio e mettendolo in relazione ai social. Usiamo i social per colmare la nostra solitudine? Ma cos’è la solitudine?

L’essere umano nella sua esistenza prova forme diverse di solitudine.

La solitudine può essere ricercata come spazio introspettivo, può essere necessaria a sottolineare i momenti di separazione che segnano le tappe evolutive dei processi di crescita, ma ci sono anche stati psichici in cui la solitudine è sentita come impossibilità o incapacità di “stare con”. E’ questo un sentimento doloroso, in cui la percezione della solitudine si associa a stati interni di insoddisfazione, di tristezza, di ansia, di timore e può sfociare in disperazione.

Il senso di solitudine attraversa così, come sintomo doloroso,  le due grandi aree della patologia psichica della paranoia e della depressione, assumendo connotazioni diverse. Tale percezione dolorosa non ha inevitabilmente una relazione con una solitudine reale; si tratta di un sentimento interiore e profondo.

Il senso di solitudine come mancanza si accompagna spesso all’idea di vuoto. Espressione che indica un  sentimento di solitudine riguardante il nostro mondo interno. Mancano risorse interne.

Ci sono due modi di percepire la solitudine:

  • la “mancanza di aiuto”

concetto freudiano in cui viene esplicitato il sentimento di abbandono. Il modello è quello del trauma della nascita. Esso spiega cosa può provare un neonato tirato fuori dalla calda protezione dell’utero materno;

  • Il deserto degli affetti

il sentimento di solitudine nelle sue diverse sfumature, si caratterizza con  sentimento di indifferenza e aridità affettiva. In tale circostanza si vive il senso di non essere amati e si avverte l’incapacità ad amare.

Vorrei qui soffermarmi sul problema dell’autostima collegato al sentimento della propria identità. Da un punto di vista psicoanalitico il processo di formazione dell’identità si fonda in primo luogo sul meccanismo dell’identificazione, facendo tesoro delle nostre relazioni affettivamente significative con il mondo. Ecco che l’infanzia e l’adolescenza sono momenti cruciali per la costruzione dell’identità.

Importante è prendere consapevolezza delle proprie emozioni.  Questo è un elemento chiave al fine di maturare un’appagante vita sociale fondata sull’interscambio e sulla capacità empatica, in un rapporto che coinvolge più interlocutori.

Cosa fanno i social?

I social network permettono di decidere come presentarci alle persone che compongono la rete (impression management) e di avere un ruolo centrale nella definizione e nella condivisione della nostra identità sociale.

I social network permettono per la prima volta la creazione di reti sociali ibride – contemporaneamente costituite da legami virtuali e da legami reali – dando vita a un nuovo spazio sociale l’«interrealtà» molto più malleabile e dinamico delle reti sociali precedenti. A caratterizzare l’interrealtà è, la fusione di reti virtuali e di reti reali mediante lo scambio di informazioni tra di esse. Ciò permette di controllare e modificare l’esperienza sociale e l’identità sociale in maniera totalmente nuova.

 

Questo avviene sempre anche se i soggetti coinvolti non lo vogliono o non ne sono consapevoli.

I Networks sociali “funzionano” mascherando le proprie debolezze, ansie, preoccupazioni, sbalzi d’umore e il proprio senso di disistima e soprattutto di solitudine.

In tal modo le richieste di nuove amicizie risultano quasi un riempimento, una conferma e/o un rafforzamento della propria autostima. Bisogna ricordare ai giovani che le amicizie sui social non sono sempre reali. Il senso di vuoto non si riempie con l’amicizia virtuale ma con la costruzione di rapporti autentici ecco perché voglio rafforzare il concetto ringraziando voi ragazzi delle scuole medie “Dalla Chiesa” e superiori “Gandino –Giolitti” per aver accresciuto il mio pensiero e per averlo condiviso in modo autentico.

 

Dr.ssa Mariachiara Pagone

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